translated from the Italian by Will Schutt
To Patrizia
In Chiasso, in an anonymous
courtyard at the close
of the ‘50s, kids
play, scaling
fences and beating rugs
in a puff of iron and grass.
The afternoon undying. Relentless
sheep-shaped clouds in the sky.
Relentless games.
They climb the fence and hook
their knees over the crossbeams
heads down arms dangling
and in their irrepressible
small voices shout
we’re monkeys
beautiful brown apes orango-tangos
tiny monkeys doing the Petash
and laugh in the late postwar period.
“Petacci!” they’re corrected
by a mother with a long memory.
“Play all you want, don’t hurt yourselves,
but it’s called ‘Do the Petacci.’ And remember,
she wasn’t the only one
to hang.”
Storia della lingua
A Patrizia
A Chiasso, in un cortile
qualunque dentro gli ultimi
anni ’50 bimbi
giocano arrampicandosi
sui tralicci per battere i tappeti
nel fiato d’erba e ferro.
Eterno il pomeriggio, inarrestabili
i cirri lungo il cielo a pecorelle,
inarrestabili i giochi.
Salgono su si appendono
a gancio coi ginocchi sulle sbarre
la testa in giù le braccia a penzoloni
e con le loro garrule
vocine urlano al mondo
siamo scimmie
belle bertucce brune oranghi tanghi,
siamo scimmiette che fanno la petàce
e ridono nel tardo dopoguerra.
“Petacci” li corregge
altissima una mamma non immemore.
“Giocate pure allegri non fatevi male,
però si dice fare la Petacci: e ricordatevi
che lei non era sola
a dondolare”.
Reprinted by permission of Princeton University Press. “Storia della lingua” in Argéman, Fabio Pusterla, Marcos y Marcos, Milano 2014.